Da oggi, la effe rimette i panni della docente universitaria (a contratto): con il suo piglio un po' materno e un po' puntiglioso; il suo entusiasmo; le sue borse pesantissime piene di libri e cartelline, come una coperta di Linus; con l'obiettivo di trasmettere, far appassionare o, semplicemente, fare bene il proprio lavoro.
Farà lezione a orari improbabili, facendo i salti mortali per l'organizzazione familiare, con lo stomaco spesso vuoto.
Si troverà davanti parecchi studenti, di varie età, qualcuno più grande di lei, stanchi, assonnati e annoiati dopo tante ore di lezione, che la guarderanno e soppeseranno, che si aspetteranno qualcosa o forse nulla. Le faranno domande, le presenteranno problemi, le daranno filo da torcere mettendo a dura prova la sua pazienza. La seguiranno o sonnecchieranno, si faranno accompagnare nel percoso di apprendimento oppure la fisseranno con un grande punto interrogativo sulla testa.
La effe ci è già passata, ma la prima lezione è come un esame e la sera prima ha un vuoto nella testa, guarda con occhi persi le slides che verranno proiettate, cerca di ricostruire mentalmente quello che dirà ma è il buio.
Ce la farà, ma ci arriverà in caduta libera, con l'adrenalina a mille e la voglia di lasciarsi sorprendere.
E poi, c'è una domanda che la sta assillando: Che mi metto?
Non è un problema da poco. Sarà pure che l'abito non fa il monaco, ma la prof sì. E lei non ci si sente, lo fa, ma non lo è e quindi sente il bisogno di travestirsi o, almeno, mettersi qualcosa che le dia un certo tono, la faccia sentire calata nella parte.
Lei, che si sente sempre più vicina agli studenti e che si ricorda fin troppo bene com'era quando stava dall'altra parte, è dotata di un'invadente empatia, da tenere a bada, per non farsi prendere troppo e finire stritolata.
La effe non è capace di entrare in aula e non pensare che ha davanti delle persone e non dei numeri.
Vuole conoscere i nomi, capire ciò che pensano, che difficoltà hanno, ma sa che è pericoloso perché poi sarà tartassata e si farà in quattro per risolvere i problemi.
Ma basterà una giacchetta stropicciata a farla sentire prof?
I tacchi no, domani no, deve fare un sacco di giri.
Come andrà a finire?
Lo deciderà all'ultimo... come tante altre cose.
E se dormissi un po' di più?
RispondiEliminaEh, forse sì.
EliminaUna giacca ha semp il suo perché ;)
RispondiEliminaIn bocca al lupo!
Tanto poi non l'ho indossata per il caldo. Ma portarla è stato fondamentale! :)
EliminaCome ti capisco! Qualche anno fa ho tentato e mollato l'insegnamento perché non riuscivo proprio a calarmi nel ruolo...e non ci riuscirei neanche oggi!!!
RispondiEliminaChiamami pazza, ma odiavo quelle sensazioni!
Purtroppo per me, ho un atteggiamento rinunciatario davanti a difficoltà "di ruolo".
Ma se tu riuscirai a rimanere lucida e distaccata quel tanto che basta sono certa che andrai alla grande! Potresti diventare un nuovo tipo di docente: quella perfetta!
E' che la perfezione non esiste... e io proprio non credo che mi ci potrò mai avvicinare. ;)
EliminaMa faccio la prof per passione e per sfida, perché credo fermamente nell'importanza della formazione, a tutti i livelli!
Cerco anche di non prendermi troppo sul serio e di non dimenticare mai come era stare dall'altra parte.
Non sei l'unica a non sentirsi tagliata per l'insegnamento. Alcuni credono che sia una cosa così, alla portata di tutti, che si possa fare come un ripiego, tanto.
Comunque, anche io non ho intrapreso la strada dell'insegnamento nella scuola anche perché in quei panni non mi saprei vedere.
Bacetti
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